Tangentopoli nera by Mario José Fasanella & Giovanni Fasanella

Tangentopoli nera by Mario José Fasanella & Giovanni Fasanella

autore:Mario José Fasanella & Giovanni Fasanella [Fasanella, Mario José]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820095574
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


1. M. Di Figlia, op. cit.

2. Rapporto dei servizi segreti sulle trame di Enrico Maria Varenna nell’arco del Ventennio, ottobre 1941, Gfm 36/260.

Varenna&Osio, intelligence e finanza

IL network si rafforza durante la pur breve permanenza di Farinacci alla segreteria nazionale del Pnf, tra il febbraio del 1925 e il marzo del 1926: è in questa fase che compare sulla scena l’altro grande protagonista di questo formidabile triangolo di potere, Arturo Osio, noto avvocato ed ex esponente del Partito Popolare convertitosi improvvisamente al fascismo. È proprio Varenna a suggerire al suo capo di metterlo alla guida dell’Istituto Nazionale di Credito per la Cooperazione (Incc), che nel 1929 si trasformerà nella Banca Nazionale del Lavoro (Bnl), destinata a diventare negli anni l’influente braccio finanziario della rete. Con la caduta di Giampaoli, il processo Belloni, la morte di Arnaldo Mussolini e la fine politica di Turati, per Farinacci e il duo Varenna-Osio la strada è ormai completamente spianata. Le informative dei servizi segreti dei primi anni Trenta confermano che ormai anche Milano è «un feudo» totalmente in mano a «Robespierre»: controlla infatti il potere politico attraverso i suoi amici nel partito e ai vertici dell’amministrazione comunale. Ma la sua influenza va ben oltre. Supera i confini della politica per dilagare nel mondo dell’economia e della finanza. La sua penetrazione, si legge in un allarmato rapporto inviato dalla polizia al Duce nell’ottobre del 1931, «ha pervaso anche il campo finanziario, il ceto bancario, ove è una continua esaltazione di questo gerarca». E i metodi per espandere potere e influenza sono tra i più spietati: «Farinacci e i suoi accoliti hanno fatto e fanno ricorso a tutti i sistemi per ridurre gli avversari: cominciano dalla lotta personale, dalle pressioni morali, per passare ai provvedimenti di natura politica, a rappresaglie professionali, a percosse e peggio pur di ottenere lo scopo: il forte resiste, il debole cede».1 Quella dell’alfiere dell’intransigenza politica, della purezza ideologica fascista, della passione limpida e disinteressata, come Farinacci cerca di accreditarsi, è dunque soltanto una maschera dietro la quale si cela il più spregiudicato degli affaristi. E Mussolini lo ha sempre saputo. Sin dal 1926, quando lo aveva estromesso dalla guida del Pnf con una durissima lettera in cui scriveva di essere perfettamente al corrente delle sue trame e dei suoi traffici loschi in combutta con Varenna e il «popolare migliolesco»: così il capo del governo definisce Osio, alludendo con ironia ai suoi trascorsi nella corrente progressista del Partito Popolare che faceva capo a Guido Miglioli, l’avvocato cremonese paladino delle cause contadine. Lo ha sempre saputo, il Duce. Ma appare del tutto impotente di fronte all’ascesa inarrestabile del suo rivale. E del banchiere «migliolesco».

Osio è un uomo deciso, arrogante e aggressivo nei metodi, «qualità» che gli consentiranno negli anni di costruire un potere smisurato. Tiene testa ad Alberto Beneduce, il capo dell’Iri, creato dal governo nel 1933 per evitare il fallimento delle banche e rilanciare l’economia, ancora sotto l’effetto della grave crisi del 1929 che da Wall Street si è fatta sentire anche in Europa.



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